mercoledì 13 dicembre 2006

Il rubinetto alternativo

Come noto, per la nostra salute è consigliabile bere molta acqua - soprattutto fuori dai pasti - nella quantità minima di 1-2 lt al giorno. Purtroppo siamo stati abituati, negli ultimi decenni, a preferire l'acqua in bottiglia a quella del rubinetto, anche se non ci sono validi motivi per farlo.
In Italia vengono così consumati ogni anno circa 10 miliardi di litri di acqua imbottigliata e prodotte circa 200.000 tonnellate di rifiuti di plastica.

Valutiamo l'impatto di questo consumo, non soltanto in termini di risorse ma anche di altri aspetti sociali.
Il consumo di acqua in bottiglia di plastica (PET) comporta:

* consumi di petrolio per produrre le bottiglie di plastica (8 kg per 240 bottiglie ovvero 360 lt d'acqua);
* consumi di gasolio (ed emissioni) per il trasporto delle bottiglie di plastica vuote verso l'impianto di imbottigliamento, quindi piene fino al punto vendita (valutati in 6 lt l'anno a persona), di nuovo vuote verso gli impianti di smaltimento;
* consumi di benzina (ed emissioni) dei consumatori: spesso decidiamo di prendere l'auto per andare al supermercato perché dobbiamo trasportare pesanti casse d'acqua, mentre per fare soltanto la spesa potremmo riuscire ad evitarlo (ipotizziamo, per comodità di calcolo, 2 lt l'anno a persona);
* la maggiore presenza delle auto nelle strade urbane e dei camion sulle autostrade;
* la fatica di portare le casse d'acqua in casa (soprattutto per gli anziani), quindi differenziare e infine trasportare i rifiuti plastici fino alla campana per la raccolta;
* lo smaltimento della plastica da parte del gestore dei rifiuti la quale, nella migliore delle ipotesi, viene riciclata per produrre alcune tipologie di prodotti (panchine, maglie di pile...), per altro di utilizzo limitato e non necessario.

Se il consumo annuo totale di combustibili fossili pro capite è superiore a 8 litri di gasolio/benzina più 8 kg di petrolio, allora una famiglia di quattro persone consuma almeno 64 litri di combustibili fossili per bere 1440 lt di acqua in bottiglie di plastica invece dell'acqua potabile del rubinetto di casa.
È assurdo utilizzare 4,4 lt di risorse fossili per trasportare 100 lt d'acqua, producendo notevoli danni ecologici e aumentando le spese, spinti più che altro dalle paure, indotte soprattutto da certa pubblicità, nei confronti dell'acqua potabile.
In realtà, tranne in casi particolari, non ci sono vantaggi per la salute consumando acqua imbottigliata né rischi bevendo acqua di rubinetto. Specifiche acque minerali sono importanti in alcuni casi terapeutici, sotto consiglio medico, e non a scopi genericamente salutistici, come viene spesso suggerito. D'altra parte invece l'acqua potabile che arriva in casa è frequentemente controllata e, per legge alcuni limiti sono più restrittivi rispetto alle acque minerali. Per quanto riguarda il timore dei calcoli renali, alcuni studi degli ultimi anni (vedi cloro, calcio e calcare) inducono i medici a consigliare un ampio apporto di calcio con la dieta (oltre 1 grammo al giorno), che oltre a prevenire l'osteoporosi e le malattie cardiovascolari, riduce il rischio di formazione dei calcoli stessi. Piuttosto è importante, come prevenzione, una elevata assunzione di acqua (2-3 litri al giorno). In sinstesi il problema della durezza dell'acqua è tecnologico (depositi di calcare nelle tubazioni, in caldaia, nella lavatrice) più che sanitario.

Inoltre l'acqua imbottigliata:

* dovrebbe stare al fresco e al buio per non perdere le caratteristiche dichiarate;
* ha una scadenza indicata, valida solo se non è esposta alla luce e agli sbalzi di temperatura;
* soddisfa le esigenze del bere, ma in realtà la maggior parte dell’acqua viene ingerita attraverso i cibi e le bevande preparate con l’acqua di rubinetto.
Il grosso ostacolo al consumo dell'acqua di rubinetto è il cattivo sapore dovuto essenzialmente al cloro. D'altronde la presenza di cloro al rubinetto, garantendo una continua azione battericida lungo tutto l'acquedotto, è la garanzia di potabilità (anche se il cloro puo' produrre sostanze indesiderate dette cloroderivati ed inquinamento ambientale). Quando la clorazione non è elevata, lasciare l'acqua in una brocca o caraffa larga in cima (in modo che l'ampia superficie dell'acqua faciliti l'evaporazione del cloro) può risolvere il problema organolettico. Altro eventuale problema può essere lo stato e la composizione delle tubazioni degli impianti molto vecchi, può arrivare a produrre materiali in sospensione.

Con la consapevolezza di quanto appena detto, ci è sembrata interessante la ricerca di una tecnologia appropriata per valorizzare e utilizzare al meglio la risorsa acqua potabile che arriva comodamente in casa, al buio e senza subire sbalzi di temperatura, con basso consumo energetico e impatto ambientale.
Analizzando tecnica, normativa, e considerando aspetti sanitari, ambientali e sociali, nonchè di qualità ed economia domestica, si scopre che il Decreto Ministeriale 443/90 contempla le tecnologie adatte per eliminare questi problemi. Si tratta di filtri a struttura composita, largamente utilizzati dalle aziende alimentari industriali, ma raramente proposti commercialmente per uso domestico.
Con questi sistemi è semplice ed economico ottenere comodamente in casa acqua fresca e corrente per bere e cucinare, aumentando la qualità dell'acqua potabile.
Al contrario normalmente vengono proposti costosi sistemi ad osmosi inversa, spesso inutili o inadeguati, oppure filtri e caraffe filtranti a buon mercato non sempre validi o che non rispettano la normativa italiana.

Teoricamente, per legge, avremmo diritto ad un'acqua insapore oltre che inodore e incolore. In altre parole possiamo chiedere maggiori investimenti da parte dell'amministrazione pubblica per l'ammodernamento delle reti e delle tecnologie usate negli acquedotti, ma costi e tempi sarebbero tutt'altro che contenuti e i risultati ambientalmente poco sostenibili. Per questo sia da un punto di vista tecnico-economico che di efficacia, ci sembra più appropriato un intervento di declorazione il più vicino possibile al punto di erogazione ovvero al rubinetto.
Riteniamo quindi appropriato, qualora necessario, un eventuale intervento di filtrazione o trattamento sopra o sotto al lavello secondo il DM 443/90, diversificando l'acqua per bere e cucinare (declorata) da quella per lavare le stoviglie.

La tecnologia offre soluzioni... il mercato vuole imporre le proprie... a noi resta il buon senso.

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